Emergenza COVID-19

Coronavirus: ecco quando commettiamo un reato (o più di uno)

Dalla semplice contravvenzione all’omicidio volontario: lo spettro dei reati connessi a una condotta imprudente ai tempi della CoViD-19 è più ampio e profondo di quanto si possa immaginare. Vediamo di fare un po’ di ordine.

Il 15 marzo 2020 il Governo ha formulato le linee guida per la corretta applicazione delle disposizioni anti epidemia Coronavirus e per rispondere alle “domande frequenti sulle misure adottate” (http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa).

In effetti, le regole di comportamento sono stringenti.

Uscire di casa è consentito solo per ragioni determinate, ossia

–      per recarsi al lavoro (è però raccomandato lavorare a distanza, ove possibile, o prendere ferie o congedi);

–      per motivi di salute (a esempio, sottoporsi a controlli e visite mediche);

–      per necessità (fare la spesa, acquistare giornali, andare in farmacia o comunque acquistare beni necessari per la vita quotidiana).

Può uscire di casa il genitore separato/divorziato, quando deve raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario oppure quando deve portarli con sé (secondo le modalità previste dal Giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio).

È permesso anche uscire:

–      per gettare i rifiuti, seguendo le regole in vigore in ogni Comune;

–      per consentire al proprio animale da compagnia di espletare le sue esigenze fisiologiche;

–      per portare gli animali domestici dal veterinario (le esigenze devono essere urgenti; vanno rinviati controlli di routine).

In caso di controlli, dovrà essere fornita all’Autorità che ne faccia richiesta la giustificazione per lo spostamento che si sta effettuando. Questa potrà essere fatta nelle forme dell’autocertificazione (artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445), il cui modulo è reperibile a questo link:

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/modulo-autodichiarazione-17.3.2020.pdf

Chi, all’atto del controllo, ne è sprovvisto, potrà compilarlo in presenza del pubblico ufficiale.

L’attività sportiva all’aperto è consentita, purché non in gruppo. Va precisato che tutti gli spostamenti sono comunque soggetti al divieto di assembramento. Sarà sempre rispettata la distanza minima di sicurezza di 1 metro. E’ fortemente raccomandato a coloro che manifestano sintomi compatibili con il virus o che hanno la febbre oltre 37,5 ° C di restare presso il proprio domicilio e di limitare al massimo i contatti sociali. A chi è sottoposto alla misura della quarantena o ha contratto il virus è fatto divieto assoluto di uscire.

Queste, in estrema sintesi, le regole di condotta a cui dobbiamo attenerci.

Se non le osserviamo commettiamo dei reati.

Il mancato rispetto degli obblighi e dei divieti imposti dalle Autorità (in primis, Governo, Regione, Comune, Province autonome) con i provvedimenti adottati per fronteggiare l’emergenza da COVID-19 integra il reato di “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” (art. 650 c.p.).

Si tratta di una contravvenzione penale per cui è previsto l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro.

In sostanza, l’Autorità (Polizia, Carabinieri, Vigili Urbani, etc.), accertata l’avvenuta violazione di questi provvedimenti, dovrà redigere una relazione (in cui descriverà il fatto e identificherà il responsabile) e poi dovrà trasmetterla alla Procura della Repubblica (comunicazione della notizia di reato). La Procura instaurerà un procedimento penale a carico della persona interessata.

Per sgombrare il campo dai dubbi ingenerati da messaggi audio ampiamente diffusi negli ultimi giorni, va detto che la legge non ammette pagamenti di ammende alla Polizia o ad altre Forze dell’Ordine (tantomeno all’atto in cui queste rilevano l’infrazione). La pena può essere irrogata solo da un Giudice nel contesto di un processo penale.

La contravvenzione di cui stiamo parlando (art. 650 c.p.) può essere definita tramite oblazione (art. 162 bis c.p.); in estrema sintesi, il Giudice, ove ritenga che ne sussistano le condizioni di legge, può ammettere il contravventore a pagare la somma di € 103 (pari alla metà del massimo dell’ammenda che, come detto, è di € 206), oltre alle spese del procedimento. Per tal via, si giunge a una sentenza di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato.

Possono anche essere commessi reati all’atto del rilascio delle autocertificazioni giustificative dello spostamento.

Le dichiarazioni mendaci rilasciate a un pubblico ufficiale integrano i reati di falso.

In particolare, attestare falsamente di doversi spostare per giustificati motivi (di salute, per esigenze lavorative o per necessità), in realtà insussistenti, integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici (art. 483 c.p.). La pena prevista è la reclusione sino a due anni.

Se la falsa dichiarazione riguarda la propria identità, si incorrerà nel delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.), per il quale è prevista la reclusione da uno a sei anni.

In astratto, vi sono altri reati da considerare.

Prendiamo il caso di chi, in presenza di febbre, tosse e altri sintomi associati al COVID-19, sia convinto di non esserne affetto quando invece lo è, e perciò continui normalmente – in maniera negligente e imprudente – a frequentare altre persone (a esempio, nell’ambiente di lavoro).

Bene, se qualcuno – a causa sua – venisse contagiato e sviluppasse la malattia, sarebbe integrato il reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) o, addirittura, quello di omicidio colposo (art. 589 c.p.) se l’ammalato morisse.

Per le lesioni colpose è prevista la pena della reclusione sino a sei mesi o la multa fino a € 309. Per l’omicidio colposo la reclusione da sei mesi a cinque anni.

In entrambi i casi, per il datore di lavoro le pene possono aumentare se il contagio avviene nell’ambiente di lavoro per la mancata adozione di adeguate cautele di prevenzione.

Ipotesi ben più grave è quella di chi, pur sapendo di aver contratto il virus COVID-19, celasse il suo stato di salute e decidesse di non rispettare la quarantena, accettando il rischio di contagiare altre persone. Ora, se qualcuno, a causa di questo scellerato comportamento si ammalasse o addirittura morisse, risulterebbero integrati i reati dolosi di lesioni volontarie (art. 582 c.p.) o di omicidio volontario (art. 575 c.p.). E le pene si alzano nettamente.

Sin qui abbiamo parlato dei reati e delle astratte previsioni di legge. Certo, l’effettività della sanzione è un discorso a parte. Nulla esclude, però, che in sede giudiziale, per l’eccezionalità della situazione, vengano adottati criteri di rigore e di severità. Ciò che davvero conta è comprendere il senso delle norme e l’importanza che per tutti ha rispettarle.

#iorestoacasa

PERCHÉ CHI VIOLA LA QUARANTENA NON PUÒ ESSERE ACCUSATO DI “PROCURATA EPIDEMIA”

In questi giorni, a fronte della richiesta di una stretta sui controlli per chi viola la quarantena ed è ammalato di coronavirus, si è parlato della possibilità di denuncia per un reato molto grave: procurata epidemia. Qui spieghiamo come non sia giuridicamente ammissibile.

La Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha chiesto alla Polizia e ai Prefetti di tutta Italia “una nuova stretta sui controlli di chi viene sorpreso in strada e non può giustificarsi”. Il contagiato che “mente” dichiarando di “non essere in quarantena” potrebbe essere denunciato per “procurata epidemia che prevede fino a 12 anni di carcere” (tra l’altro, https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_17/punizioni-piu-severeper-chi-continua-uscire-a7b30752-6892-11ea-9725-c592292e4a85.shtml).

Vengono dunque evocate figure di reato gravissime, punibili con pene astronomiche.

Facciamo un po’ di chiarezza.

Il nostro codice penale prevede due delitti: l’Epidemia dolosa (art. 438 c.p.) e l’Epidemia colposa (art. 452 c.p.).

Si tratta di due reati introdotti nel 1930 (che non c’erano cioè nel Codice Zanardelli) per sanzionare severamente attacchi di natura bellica o terroristica realizzati diffondendo germi patogeni (all’epoca, l’evoluzione scientifica aveva per la prima volta portato a disciplinare queste ipotesi con la legge penale).

Si comprende la durezza delle pene previste.

Il primo delitto, l’Epidemia dolosa (art. 438 c.p.) punisce con l’ergastolo chi volontariamente “cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni” (ossia microorganismi capaci di produrre patologie infettive). In origine, era stabilita la pena di morte se per il contagio morivano almeno due persone.

E’ il caso classico della diffusione intenzionale della malattia – su portata di massa – mediante azioni di guerra o di terrorismo. Quindi nulla a che vedere con quanto accade in questi giorni.

Il secondo delitto, l’Epidemia colposa (art. 452 c.p.) punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi causa l’epidemia non volontariamente, ma con colpa, dunque per negligenza, imprudenza o imperizia (il riferimento alla pena di 12 anni di reclusione, riportato dai mass media, è errato; si tratta di una norma di legge abrogata insieme all’abolizione della pena di morte nel lontano 1944).

Qui rientrano certamente i casi di errata gestione dei germi da parte dei soggetti che sono legittimati a trattarli, come le imprese farmaceutiche. Un esempio classico è quando si violano le regole specifiche nel trattamento di un microorganismo patogeno e così si scatena l’epidemia o la si rafforza. Di fatto, agli operatori sfugge qualcosa per negligenza.

In definitiva, per capire se siamo di fronte a questi gravi delitti (Epidemia dolosa o colposa), bisogna valutare la portata quantitativa del pericolo innescato dalla condotta del soggetto. Cioè verificare se vi sia stato un comportamento capace di diffondere il morbo a un “numero indeterminato e notevole di persone” e in tempo ristretto (Cassazione Sezione IV penale, Sentenza n. 9133 del 28.2.2018, udienza del 12.12.2017; Tribunale di Savona, 6.2.2008, in Rivista Penale, 2008, 6, 671). La giurisprudenza usa il termine “diffusibilità”.

Siamo quindi assai distanti dal caso del contagiato da Covid-19 che, consapevole del suo stato di salute, cammina per strada e, fermato dalla Polizia per un controllo, dichiara di essere sano. Si tratta, in concreto, di un comportamento che non ha la “diffusibilità” di cui parlano i Giudici.

Egli incorrerà in altri reati.

Se non contagia nessuno:

–     inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità (art. 650 c.p.): arresto fino a tre mesi o ammenda fino a € 206;

–     falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici (art. 483 c.p.): reclusione fino a due anni;

–     falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale (art. 495 c.p.): reclusione da uno a sei anni;

Se contagia una o più persone (secondoché l’azione sia ritenuta sorretta da colpa o da dolo):

–     lesioni colpose (art. 590 c.p.): la reclusione, a seconda della durata della malattia e delle conseguenze, può arrivare fino a due anni (tre se il fatto accade violando le norme sulla sicurezza del lavoro); può raggiungere i cinque anni, se vi sono più vittime;

–     lesioni volontarie (artt. 582 e/o 583 c.p.): la reclusione – di base – può arrivare fino a tre anni; può giungere a sette in casi più gravi e perfino a dodici, se vi sono più vittime.

Se chi viene contagiato muore:

–     omicidio colposo (art. 589 c.p.): la reclusione – di base – può arrivare fino a cinque anni (fino a dieci, se avviene nell’esercizio abusivo della professione sanitaria); fino a quindici anni, se muoiono più persone;

–     omicidio volontario (art. 575 c.p.): la reclusione può partire da ventuno anni e arrivare all’ergastolo.

#iorestoacasa

Emergenza Coronavirus: genitori o parenti anziani, come comportarsi.

In questi giorni le misure urgenti per la lotta al COVID-19 si sono inasprite.

Nella pioggia dei provvedimenti normativi (Decreti Governativi e Ministeriali, Ordinanze Regionali, etc.), cerco di rispondere a una domanda che mi viene posta con gran frequenza: sono consentiti gli spostamenti per raggiungere genitori parenti anziani?

La disciplina è diversa secondoché si tratti di spostamenti nel Comune in cui si abita tra Comuni diversi.

Nel primo caso (nello stesso Comune), andare a trovare qualcuno è consentito solo se vi è una situazione di necessità o per motivi di salute (art. 1, comma 1, lett. a, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020 e art. 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 marzo 2020).

Dunque, è legittimo recarsi da genitori, parenti, amici o persone che non siano in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze quotidiane di vita, al fine di aiutarle a soddisfare i propri bisogni (a es., fare la spesa, acquistare farmaci, giornali, strumenti per provvedere all’igiene personale).

Ritengo che rientrino nella necessità anche gli aiuti di tipo umano o psicologico, sempre che vi sia una concreta ragione di disagio (http://disabilita.governo.it/it/notizie/nuovo-coronavirus-domande-frequenti-sulle-misure-per-le-persone-con-disabilita/).

Ovviamente, sono sempre leciti gli spostamenti effettuati per consentire a chi ne ha bisogno di sottoporsi a visite mediche o a controlli sanitari (motivi di salute).

Nel secondo caso (spostamenti da Comune a Comune), stando alla lettera normativa (art. 1, comma 1, lett. b, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 marzo 2020), l’asticella della necessità si alza e occorre una situazione di assoluta urgenza.

Al momento questa categoria, tanto generica, non è ancora stata spiegata nel dettaglio.

Un criterio interpretativo proposto dal Viminale (http://disabilita.governo.it/it/notizie/nuovo-coronavirus-domande-frequenti-sulle-misure-per-le-persone-con-disabilita/) mi porta a pensare che essa, rispetto alla necessità, sia caratterizzata dalla impossibilità assoluta di avvalersi di soluzioni alternative (per es., un genitore non può essere aiutato da un figlio che risiede in un Comune diverso, il giorno in cui l’altro figlio residente nel suo Comune può occuparsene).

Certo è che con questa differenza di disciplina si intendono restringere notevolmente i casi in cui, anche in presenza di situazioni di necessità, si possano effettuare gli spostamenti da un Comune all’altro.

Su questo, come su tanti altri temi, restiamo in attesa di precisazioni dal Governo.

A ogni modo, lo spostamento deve essere sempre autocertificato, seguendo il nuovo modello di autodichiarazione: https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/nuovo_modello_autodichiarazione_23.03.2020_compilabile.pdf.

E non dimentichiamo mai di rispettare le regole di distanziamento sociale

#iorestoacasa

Normativa emergenziale Covid19: il nuovo assetto degli illeciti penali (reati) e amministrativi.

La girandola dei Decreti anti-covid-19 non si ferma.

Lo scorso 25 marzo il Governo ne ha emesso uno nuovo (Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/25/20G00035/sg) con l’intenzione di riordinare la normativa emergenziale dell’ultimo mese. Ha anche modificato le sanzioni.

Cerchiamo di fare il punto, non senza fatica.

Gli spostamenti

Gli spazi di libertà, già eccezionalmente compressi dai provvedimenti precedenti, non vengono ridotti.

Gli spostamenti – purché “individuali e limitati nel tempo e nello spazio” – restano consentiti solo:

–      se “motivati da esigenze lavorative”;

–      se vi è una “situazione di necessità” per sé o per altri, nel caso in cui avvengano all’interno dello stesso Comune (art. 1, comma 1, lett. a, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 8 marzo 2020 e art. 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 9 marzo 2020).

Rientrano in questa categoria le tipiche incombenze legate alle esigenze quotidiane di vita (per esempio, fare la spesa, acquistare farmaci, giornali, strumenti per provvedere all’igiene personale o domestica). E allora è pienamente legittimo recarsi da genitori, parenti, amici o persone che non siano in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze essenziali (http://disabilita.governo.it/it/notizie/nuovo-coronavirus-domande-frequenti-sulle-misure-per-le-persone-con-disabilita/).

Con uno sforzo interpretativo, dando alle regole un soffio di umanità, direi che possiamo considerare “necessari” anche gli aiuti di natura morale, di sostegno affettivo, specie nei confronti di anziani o, in generale, di persone in difficoltà psicologica.

–      se vi è una situazione di “assoluta urgenza” per sé o per altri, in caso di trasferimenti da un comune a un altro (art. 1, comma 2, lettera b, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 22 marzo 2020).

Qui, il requisito della “necessità” si rafforza e diviene più pregnante.

Il concetto non è ancora stato chiarito dal Governo, però mi sembra di poter dire che, stando ai criteri proposti dal Ministero dell’Interno (http://disabilita.governo.it/it/notizie/nuovo-coronavirus-domande-frequenti-sulle-misure-per-le-persone-con-disabilita/), l’“assoluta urgenza” consista in situazioni di totale impossibilità di avvalersi di soluzioni alternative (per es., un genitore non può essere aiutato da un figlio che risiede in un Comune diverso, il giorno in cui l’altro figlio residente nel suo Comune può occuparsene).

È chiaro, comunque, che si son voluti limitare notevolmente gli spostamenti tra Comuni diversi.

–      se vi sono motivi di salute propri o altrui (controlli o visite mediche).

Queste esigenze devono esistere realmente e vanno comprovate (per esempio, allegando all’autocertificazione le copie della documentazione medica che attesti lo stato di malattia o di disabilità del genitore oppure, nel caso di un dipendente, la copia del contratto di lavoro e/o delle scadenze cui occorre far fronte).

Ecco l’ultima versione del modulo per l’autocertificazione:

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/nuovo_modello_autodichiara-zione_26.03.2020.pdf).

Le false dichiarazioni sono punite penalmente come delitti di falso (su questi e su altri reati ancora applicabili, rinvio a un mio precedente post:

https://www.linkedin.com/pulse/coronavirus-ecco-quando-commettiamo-un-reato-o-pi%C3%B9-di-marco-micheli/).

Le nuove sanzioni

Il quadro delle punizioni è mutato.

Gli spostamenti non consentiti – di regola – ora non costituiscono più un reato (ossia una violazione penale) ma un illecito amministrativo e si applica la sanzione pecuniaria “da euro 400 a euro 3.000” (art. 4, 1° comma, prima parte, Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19).

La somma può essere aumentata fino a euro 4.000 (art. 4, 1° comma, seconda parte, stesso Decreto), se il fatto è commesso con un “veicolo” (certamente con auto o motociclo; e con bicicletta o monopattino? pure, stando alla lettera della norma).

Se le infrazioni si ripetono, le somme sono raddoppiate.

La trasformazione dell’illecito da penale ad amministrativo implica che esso non sarà più di competenza dell’Autorità Giudiziaria, ma del Prefetto.

Il Decreto (art. 4, 3° comma) rinvia alla disciplina del Codice della Strada (art. 202, commi 1, e 2.1, D.Lgs. n. 285/1992) e ammette il pagamento in misura ridotta:

–      euro 400,00, se effettuato entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione;

–      euro 280,00, se effettuato entro 5 giorni.

Si torna a parlare di reati – ossia di illeciti penali – per chisottoposto a quarantena in quanto risultato positivo al virusvioli il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora.

In tal caso, è previsto l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro (qui si rispolvera una vecchia figura di reato contravvenzionale prevista dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie: Inosservanza di un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo – art. 260, Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265, ancora in vigore).

La violazione della cosiddetta “quarantena precauzionale” rientra invece nei casi di illecito amministrativo di cui si è parlato. Si tratta della misura cui devono sottoporsi le persone che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che sono rientrate dall’estero.

In tutte queste ipotesi, si punisce il contravventore sia che agisca con dolo che con colpa.

Le norme del Decreto sono retroattive (art. 4, 8° comma): i fatti commessi prima della sua entrata in vigore sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria “nella misura minima ridotta alla metà” (euro 200).

In definitiva, il Governo, ripensando l’assetto delle sanzioni per gli spostamenti ingiustificati e meno gravi (a eccezione, quindi, delle violazioni delle quarantene per chi è positivo), abbandona la sanzione penale e opta per quella amministrativa, trasferendo i procedimenti dal mondo giudiziario a quello prefettizio.

Vista la difficile condizione in cui opera la Giustizia Penale (carico di lavoro schiacciante; tempi lunghi; attuale sospensione dei termini processuali) e, al contrario, la (relativa) maggior snellezza e speditezza dei procedimenti amministrativi, la scelta, contro le apparenze, è tutt’altro che irragionevole; ne guadagnano, infatti, l’effettività della punizione e dunque (si spera) la deterrenza.

#iorestoacasa